Traduzione di Simone Maestrone, Milano, Bompiani, 2015, pp. 252, Euro 20, ISBN 978-88-452-7876-1
«Il principio fondamentale secondo il quale il mondo non esiste implica infatti che esista tutto il resto. Posso dunque anticipare fin d’ora che esiste tutto eccetto una cosa: il mondo». (p. 5).
Markus Gabriel toglie da subito ogni dubbio circa la tesi forte del suo saggio; il ripensare la filosofia, secondo lui, passa dalla non esistenza del mondo.
L’assunto di partenza è la tesi del nuovo realismo:
noi conosciamo il mondo come è in sé.
Gabriel procede poi ad una netta distinzione tra universo e mondo: «Con universo ci si rappresenta l’ambito oggettuale sperimentalmente circoscritto delle scienze naturali. Tuttavia, il mondo è considerevolmente più ampio. Al mondo appartengono anche stati, sogni, possibilità irrealizzate, opere d’arte e nella fattispecie anche i nostri pensieri sull’universo» (p. 13).
Il mondo è «l’ambito di tutti gli ambiti» (p. 14).
Date queste premesse, Gabriel procede ad una disamina analitica dell’assunto che vuole dimostrare: «Per comprendere perché il mondo non esiste, si deve innanzitutto comprendere che cosa in generale significa “esistere”» (p. 17). L’ esistenza è intesa come qualcosa che si dà nel mondo, da ciò scaturisce che «il mondo non può esistere perché esso non si dà nel mondo» (p. 18).
Lo scopo del filosofo è quindi molto ambizioso, come lui stesso afferma: «In quest’opera vorrei presentarvi i lineamenti fondamentali di una nuova ontologia realista”» (p. 19). A questo proposito è stato pensato anche il glossario posto alla fine del volume (pp. 245-252) all’interno del quale, insieme a termini nuovi propri della disciplina ontologico-realista che si vuole fondare, vi sono anche classici concetti della storia della filosofia a cui Gabriel attribuisce dei significati inediti. È il caso della stessa ontologia: «Tradizionalmente questa espressione designa la dottrina dell’essere. In questo libro l’ontologia viene, però, intesa come l’analisi del significato di “esistenza”» (p. 248).
Con la volontà dichiarata della chiarezza prima di tutto, seguendo Wittgenstein, Gabriel si pone domande filosofiche universali che scandiscono i primi tre capitoli del testo: “Che cos’è questa cosa chiamata mondo?”; “Che cos’è l’esistenza?”; “Perché non esiste il mondo?”.
Se la metodologia che Gabriel utilizza per la sua indagine ontologico-realista è analitica, la bussola che lo orienta è sicuramente fenomenologica: “Ma una cosa mi è divenuta sempre più chiara: il compito della filosofia è, ogni volta, quello di ricominciare sempre e di nuovo dal principio” (p. 21). Si capisce, quindi, la temerarietà con cui affronta le domande universali, facendo un esercizio fenomenologico. A piccoli passi, ma cercando di non avere sovrastrutture. Chiaramente si sa che questo non solo è molto difficile, ma impossibile e forse neppure totalmente auspicabile.
E allora, ecco che negli ultimi capitoli, specialmente nel quinto, intitolato “Il senso della religione”, la struttura argomentativa e l’uso dei concetti risentono molto della filosofia hegeliana. La funzione che Gabriel attribuisce alla religione è del resto molto simile a quella che le assegnava Hegel nella Fenomenologia dello spirito e infatti si accompagna a concetti quali “spirito” e “autocoscienza”. Il filosofo tedesco spinge i concetti fino al loro limite estremo attraverso una rigorosa analisi ontologica per riuscire a confutare le teorie che difendono l’esistenza del mondo.
In questo continuo esercizio, è particolarmente apprezzabile l’uso arguto e frequente di esempi ed esperimenti mentali. Dopo aver dimostrato l’inattendibilità della teoria materialista e fisicalista, Gabriel afferma: «Queste [il materialismo e il fisicalismo] scambiano un determinato ambito oggettuale con l’intero, come se uno scienziato rendesse noto a un controllore ferroviario che quest’ultimo in realtà non esiste, ma è solo un agglomerato di particelle – cosa che, del resto, non dissuaderebbe lo scienziato dall’acquisto del biglietto» (p. 42).
La tesi che sostiene Markus Gabriel in questo testo - ovvero che il mondo non esiste - rappresenta il primo principio fondamentale dell’ontologia negativa dal quale scaturisce il primo principio fondamentale dell’ontologia positiva: l’esistenza necessaria di infiniti campi di senso.
L’ontologia dei campi di senso permette una sorta di liberazione nei riguardi dell’uomo che può essere tematizzato a prescindere da qualsiasi immagine determinata del mondo.
La conclusione di Gabriel non può essere definitiva, se vuole rispettare il senso fenomenologico.
Dopo aver dimostrato che il mondo non esiste, «il passo successivo consiste nel tentativo di rinunciare a una struttura fondamentale che abbracci ogni cosa e di cercare invece, insieme, di comprendere, senza pregiudizi e in modo creativo, le molte strutture esistenti, potendo con ciò valutare meglio ciò che dovrebbe continuare a esistere e ciò che invece andrebbe assolutamente modificato» (p. 243).
Indice
Ripensare la filosofia
I. Che cos’è questa cosa chiamata mondo?
II. Che cos’è l’esistenza?
III. Perché non esiste il mondo?
IV. L’immagine scientifica del mondo
V. Il senso della religione
VI. Il senso dell’arte
VII. Titoli di coda
Glossario
Nessun commento:
Posta un commento