Roma, Armando, 2016, pp. 256, euro 24, ISBN 978-88-6992-019-2.
Il testo di D’Urso promuove una rivalutazione dell’attenzione di Popper per i presocratici, mostrando tutti i limiti di quelle diffuse prospettive che riconducono la considerazione popperiana degli antichi filosofi unicamente alle teorie epistemologiche: secondo queste interpretazioni egli, nel leggere tali autori, avrebbe semplicemente proiettato su di loro la concezione falsificazionista, al fine di trarne una legittimazione teorica. Dal volume emerge infatti l’interesse costante di Popper per i presocratici, una passione che, pur
rimanendo sostanzialmente privata fino alla pubblicazione di Il mondo di Parmenide. Alla scoperta della filosofia presocratica (1973), fu tuttavia saldamente ancorata al suo pensiero e all’elaborazione delle sue riflessioni epistemologiche. Attraverso accurate e minuziose indagini viene così mostrata, in modo convincente, l’insostenibilità di quelle valutazioni tese a sostenere non solo una visione degli antichi pensatori viziata da un’originaria precomprensione falsificazionista, ma anche, di conseguenza, «una limitante, certamente negativa e paradossale caduta in una forma di storicismo da parte di un epistemologo dichiaratamente antistoricista» (p. 11).
Lo studio si articola in tre parti precedute da una introduzione. Le pagine introduttive si propongono di indagare le posizioni della critica. In esse emerge chiaramente la seguente tesi: tranne che per rarissime eccezioni, tra cui spicca per significatività la posizione di Giovanni Cerri, radicata e diffusa tra i commentatori è la percezione della marginalità e dell’occasionalità dell’interesse popperiano per i presocratici, benché tale attenzione abbia accompagnato l’intera produzione del filosofo, sia stata sostenuta da competenze filologiche e si sia nutrita di numerose e importanti letture critiche. Per suffragare questa valutazione, l’autore si sofferma sulle trattazioni della critica dapprima nel periodo da La società aperta e i suoi nemici (1945) fino alla polemica con Kirk, poi dal Ritorno ai presocratici (1958-1959) all’ultimo Popper, per concentrarsi infine sull’interpretazione del Parmenide di Popper offerta da Giovanni Cerri.
Dopo l’introduzione, quindi, viene preso in considerazione l’uso popperiano delle fonti, tema a cui sono dedicate le tre parti centrali dello studio: la prima si sofferma in particolare sulla lettura popperiana di Parmenide, la seconda sulla lettura degli altri presocratici e la terza sulla riflessione circa la presenza dei filosofi antichi nel pensiero di Popper. Particolarmente interessanti, a proposito delle fonti utilizzate nella ricostruzione del pensiero di Parmenide, sono le osservazioni circa l’identificazione della dea parmenidea in rapporto con le argomentazioni di Guthrie e Tarán, il riconoscimento al cosmologo Parmenide della paternità di almeno cinque scoperte empiriche e la spiegazione del proemio parmenideo attraverso un ripensamento del ruolo assunto dal tema del viaggio inteso come movimento verso la luce accompagnato dalla perdita delle certezze precedenti. Le fonti utilizzate per gli altri presocratici delineano quindi il rapporto tra Parmenide, Senofane ed Eraclito a partire dalla tematica della sfericità, valutazioni sviluppate tenendo in considerazione le analisi di Reinhard, la cui tesi circa un’influenza di Parmenide sul giovane Eraclito viene dal filosofo viennese respinta e confutata. Pregnante, inoltre, appare la rivalutazione del ruolo centrale di Senofane in riferimento alla teoria della conoscenza e all’epistemologia eleatiche, come illuminanti sono le considerazioni circa la nascita del razionalismo critico con la speculazione di Anassimandro e la decisività dell’atomismo democriteo nel percorso che porta al ribaltamento del paradigma parmenideo.
Conclude, infine, il volume un’interessante ricognizione su alcune importanti tracce di motivi presocratici nel pensiero popperiano. A tal proposito, in particolare, è preso in esame il saggio Oltre la ricerca degli invarianti (1965), dove rilevante è la presenza di Senofane e Parmenide, sebbene la prospettiva teoretica prescinda dai testi antichi. L’ultimo paragrafo riporta numerosi rinvii ai filosofi antichi a ulteriore testimonianza della loro contante presenza negli interessi popperiani.
Il lavoro è notevole per argomentazioni, richiami e riferimenti e di conseguenza si presta a una lettura appassionante riservata, però, soltanto a chi non sia digiuno di filosofia antica e di conoscenza di Popper; il merito maggiore del libro, probabilmente, sta nel colmare una lacuna negli studi sul pensatore austriaco e nel riuscire nell’intento di suggerire una generale riconsiderazione del rapporto tra il filosofo viennese e i pensatori antichi anche «nella direzione di un approfondimento del rapporto tra storiografia filosofica e filosofia nella vasta produzione dell’autore» (p. 246).
Indice
Abbreviazioni
Introduzione: le posizioni della critica
1. Da La società aperta e i suoi nemici alla polemica con Kirk
1.1 Popper tra filosofia e storiografia filosofica
2. Da Ritorno ai presocratici all’ultimo Popper
2.1 Il Senofane di Popper nell’interpretazione di Feyerabend
2.2 La Luna di Parmenide
2.3 Dopo Il mondo di Parmenide
3. Il Parmenide di Popper nell’interpretazione di Giovanni Cerri
4. Articolazione della ricerca
I. L’uso delle fonti: la lettura popperiana di Parmenide
1. La dèa di Parmenide
2. La Luna di Elea
3. L’elencos e l’apparente anacronismo
4. Il frammento B 16
5. La verosimiglianza eleatica
6. Il tema della cecità e la questione linguistica
7. Conclusioni
II. L’uso delle fonti: la lettura popperiana degli altri presocratici
1.Il rapporto di Parmenide con Eraclito e Senofane
2. La riscoperta di Senofane
2.1 La cosmologia e le origini del fraintendimento
2.2 La teologia e il frammento B 34
3. Il mutamento in Eraclito e la polemica con Kirk
4. Anassimandro e il razionalismo critico
5. L’atomismo di Democrito e Leucippo
III. I presocratici nella filosofia di Popper
1.L’attualità di Parmenide in Oltre la ricerca degli invarianti
1.1 L’invariante nel Poema sulla natura
1.2 Sviluppi parmenidei e anti-parmenidei nella fisica moderna
2. Eco presocratica nei testi popperiani
Conclusioni
Bibliografia
1.Testi di Popper
2. Fonti citate da Popper
3. Testi critici e altri contributi
1 commento:
Karl R. Popper filosofò sulla scienza riuscendo ad incrementare i progressi della ermeneutica proprio in forza della attrazione intellettuale in lui suscitata dai presocratici. I contributi generali offerti da Popper alle filosofie della scienza furono disparati benché il suo itinerario filosofico non fosse stato dispersivo. Esso si sarebbe involuto senza gli impulsi dal passato per lui misteriosissimo dei primi filosofi. Per cultura di provenienza alieno dalla grecità originaria era per civiltà di appartenenza parimenti estraneo alle avversioni contro di essa. Rifiutò i risultati di chi filosofeggiava intorno ed a discapito degli Antichi e dei loro eredi ed ugualmente rifiutò di accogliere la tesi del valore inferiore del Pensiero Moderno a confronto con l'Antico. L'obiettivo da lui raggiunto era concreto per i tempi, i luoghi e le destinazioni dei suoi lavori, altrimenti non sarebbe egli stato filosofo ma filosofante. Ma a causa della diretta contrarietà di vasta parte del mondo della cultura scientifica egli se ne trovava annoverato riuscendo quindi quale pubblicista a mostrare il senso della propria attività filosofica, eludendo la intolleranza degli ambienti scientisti che ne assecondavano iniziative ritenendo che filosofare sul filosofare fosse privo di èsiti esterni e superiori, non intendendo costoro la inventiva che caratterizza l'azione filosofica e trascurando la creatività inerente l'atto filosofico. Come dal nulla Popper riuscì a mostrare il proprio operato e ad asseverarne presso i destinatari ottenendo però dai positivisti un giudizio negativo ma dagli effetti opposti a quelli voluti dai giudicanti, che non avevano inteso il valore affatto esterno della sua pratica filosofica. Ma i risultati diventati preda anche di detrattori con scopo di intolleranza culturale ed ignari dei bisogni dei destinatari, non se ne veniva di nuovo a capo finché non risaltò proprio l'errore degli stessi erranti ed agli stessi erranti, cioè i detrattori ed ultimi suoi oppositori.
Iniziò tuttavia altrui opera di sopravvalutazione cui K. R. Popper stesso stava per cedere ma col proprio ritardo al rifiuto sottraendo poteri ai sopravvalutanti che non trovarono mai più modo per relazionarsi positivamente allo stesso autore delle opere sopravvalutate. Alla fine di questo percorso anche politico oltre che intellettuale i rapporti dei lavori filosofici di Popper con le testimonianze filosofiche dei presocratici non consistevano più in nulla di ancora attivo e di concreto. Riesumarne i nessi conduce a contestualizzarne e relativizzarne non a minimizzarne né ad azzerarne.
MAURO PASTORE
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